Forestale: incendi e anno da dimenticare

Il 1515 è il numero gratuito di pronto intervento per qualsiasi tipo di emergenza ambientale, attivo 24 ore su 24, al quale gli uomini del Corpo forestale dello Stato rispondono alle segnalazioni dei cittadini.
È un servizio collegato alla Centrale operativa nazionale, con sede presso l’Ispettorato generale di Roma, e ha 15 sale operative, una in ogni Regione a statuto ordinario.
Il 1515 è in grado di rispondere tempestivamente alle richieste di intervento e alla segnalazioni in diversi ambiti: incendi boschivi, taglio illegale di piante, abusivismo edilizio in aree protette, bracconaggio, pesca illegale, fauna ferita, sversamenti di sostanze tossiche, illecito smaltimento dei rifiuti, pubblico soccorso e protezione civile (persone disperse, segnalazione di frane, valanghe e alluvioni).

Gli incendi boschivi nei primi sette mesi del 2008 sono diminuiti del 60 per cento rispetto allo scorso anno. La mappa dei roghi identifica la Calabria come la regione "più calda" nel periodo gennaio-luglio, con 200 incendi. Seguono: Piemonte (176), Campania (158), Puglia (140), Toscana (138), Lazio e Sicilia (124), Lombardia (111), Basilicata (101) e Sardegna (100). In Piemonte si è avuta la più estesa superficie boschiva percorsa dal fuoco (1.251 ettari).
Il Trentino Alto Adige – con soli 2 incendi boschivi – è stata la regione meno colpita.

Nel 2007 si sono verificati 10.614 incendi, che hanno interessato una superficie di 225.563 ettari, di cui 115.242 "boscati", 185.617 in più rispetto al 2006. Era dal 1997 che non si registrava un numero così alto di incendi.
I mesi più "caldi" su questo fronte sono stati quelli di luglio (3.359 incendi) e agosto (3.230). In aumento anche gli incendi dolosi, passati dal 59,9 per cento al 65,5 per cento (con punte del 79 per cento in Calabria).
Nel corso del 2007 la Forestale ha denunciato 586 persone, 13 delle quali tratte in arresto, per incendio doloso.
(fonte: famiglia cristiana 3 agosto 2008)

AMBIENTE NELLA LOTTA AGLI INCENDI LA FORESTALE SCHIERA ANCHE QUATTRO DONNE PILOTA

Volare è la passione della sua vita. Il volo e il servizio le hanno fatto incontrare anche l'anima gemella, Massimo, elicotterista dei Vigili del fuoco.
«Abbiamo due ore di autonomia carburante…», la voce "grintosa" del sovrintendente Evelina Cornelii, pilota del Corpo forestale dello Stato dal 1994, spicca tra quelle dei suoi colleghi. La squadra di turno si prepara a un intervento antincendio. Dal Centro operativo aeromobile (Coa) è appena arrivato l’allerta al Reparto elicotteristi di Pescara, comandato da Mario Candellaro, vicequestore aggiunto pilota. Si tratta di un focolaio d’incendio da spegnere al più presto. Adrenalina a mille, controllo della scheda di intervento, una rapida consultazione della cartina aeronautica per pianificare tempo e percorso, poi di corsa a bordo dell’elicottero sul piazzale dell’aeroporto. La benna viene sistemata nell’abitacolo.
Evelina, minuta e agile, il casco già allacciato, chiude dietro di sé il pesante portellone bianco e rosso. Volare è la passione della sua vita: «Da bambina restavo letteralmente incantata a guardare i paracadutisti che si libravano nell’aria». Concentrata, lo sguardo sugli strumenti di bordo, sistema la ricetrasmittente e la cuffia. E si rituffa nei ricordi: «Per anni ho fatto paracadutismo, poi mi sono appassionata anche agli aerei. Frequentando l’ambiente aeronautico, qui a Pescara, ho preso il brevetto sia di pilota che di elicotterista».
Le quattro della pattuglia "rosa"
«Avevo già il brevetto quando sono entrata nel Corpo forestale», continua Evelina, «ma ho dovuto seguire un corso dell’Aeronautica militare, e poi un altro di quattro anni per pilotare gli elicotteri al Nucleo volo di Frosinone». «Ciclico e collettivo azionati!», annuncia il copilota, l’ispettore superiore scelto, Donato Gentile. Arriva l’o.k. per il decollo. Nonostante le cuffie, il rumore del rotore è assordante. Si vola… «I piloti sono sempre due», spiega Evelina: «A parità di esperienza ci si può alternare all’interno della stessa missione». L’equipaggio degli interventi antincendio è rigorosamente composto dai piloti e da due specialisti.
Pilotare elicotteri richiede competenze specifiche e un addestramento mirato e continuo. «È vero, sono stata la prima donna elicotterista», dice con un pizzico d’orgoglio Evelina, «ma è bello sapere che adesso ce ne sono altre tre». «Il Corpo forestale», continua Evelina, «mi ha permesso di coniugare una forte vocazione ambientalista con la mia passione di sempre per il volo». E il volo e il servizio le hanno fatto incontrare anche l’anima gemella. «Ero già un pilota quando ci siamo incontrati», gli occhi nocciola, sempre seri, adesso le brillano. «Massimo era elicotterista nei Vigili del fuoco quando ci siamo incontrati. Io di Pescara, lui di Como, che dire… è scoccata la scintilla!».
Nonostante i pericoli e i ritmi di questo lavoro, Evelina riesce a gestire bene vita privata e lavoro. Il marito adesso è istruttore di volo all’Augusta, lei è di base a Pescara: su e giù dall’elicottero, armeggia ai fornelli, fa trekking, scalate e si coccola il marito. Una vita non proprio comune, ma va bene così. «In fondo, non è difficile. Quando non ci sono emergenze, l’orario di lavoro va dalle sei del mattino alle ventitré, diviso su due turni».
Con un camoscio a bordo
Il numero di interventi a cui la Cornelii ha partecipato, tra protezione civile, campagne antincendio, monitoraggio ambientale, azioni di polizia giudiziaria e di prevenzione e tutela delle specie a rischio, supera di gran lunga il migliaio. «Nell’agosto 2004, insieme abbiamo trasportato in elicottero dalla Maiella al Parco d’Abruzzo un piccolo camoscio, per favorire il ripopolamento della specie nella zona», ricorda l’ispettore Gentile. E questa vocazione, assieme a una spiccata propensione per l’azione, che condivide con i suoi colleghi, è il punto forte di Evelina.
«L’operazione più difficile che ricordo risale al 2000. È stato un intervento di soccorso a tre escursionisti imprudenti sui monti della Laga», aggiunge Evelina. «Il Meteo aveva annunciato la tempesta di neve, ma loro non hanno ascoltato le previsioni. Abbiamo dovuto aspettare due giorni perché smettesse di nevicare, non credevamo più di riuscire a recuperarli».
Ma è soprattutto d’estate che le emergenze si moltiplicano. «A esclusione di qualche intervento sulle Dolomiti, tra novembre e aprile, gli interventi antincendio si concentrano nel periodo estivo»: 650 quelli operati dalla Forestale nel solo 2007.
Evelina indica al copilota un piccolo spiazzo per atterrare: «Ora, attaccheremo la benna al gancio». Dopo il montaggio, gli specialisti restano a terra, mentre l’elicottero riparte verso un bacino artificiale poco lontano, per rifornirsi d’acqua.
Tutto o.k., si torna alla base
Il cavo d’acciaio è teso come una corda di violino. La concentrazione è massima. Il recipiente è stracolmo. Con cautela, l’elicottero riprende quota per raggiungere la zona d’intervento. Il focolaio è sotto controllo, ma il maestrale alimenta le fiamme.
L’elicottero si avvicina all’incendio e sgancia il suo carico d’acqua per attenuare le fiamme. Poi, riparte veloce per ripetere l’operazione. Dopo poco più di mezzora il focolaio è spento: continueranno il lavoro le squadre a terra.
Al ritorno, il rumore del rotore è come una melodia, i visi sono distesi, le miglia corrono. I radar, la pista di atterraggio, le luci, l’hangar si avvicinano. È come una festa. I meccanici e gli uomini di manovra si affollano intorno. Tutti escono, Evelina si trattiene a bordo a controllare chissà cosa.
Forse, come tutti i piloti, sta solo ascoltando il suono e le emozioni del volo che la attraversano ancora. Esce per raggiungere i colleghi che già la chiamano, toglie il casco e ricambia quei sorrisi. Se li è proprio guadagnati.
Rosa Gaimari (in famiglia cristiana 3 agosto 2008)

Chiesa Cattolica e ambiente

Il dibattito tra le nazioni partecipanti al summit di Rio de Janeiro ha posto in evidenza i principali problemi che affliggono il nostro pianeta e la nostra società: la crescita della popolazione mondiale che con l’aumento di 100 milioni di unità all’anno aggrava la già precaria situazione delle risorse disponibili per gli attuali cinque miliardi e mezzo di uomini; il buco nell’ozono, con il pericolo di un aumento dei tumori per la mancanza di protezione dagli effetti negativi dei raggi del sole; l’effetto serra, che provoca l’aumento della temperatura terrestre e lo scioglimento dei ghiacciai ai poli; il progressivo inquinamento dell’acqua soprattutto dei Paesi del Sud con maggiori problemi idrici; il continuo depauperamento ambientale che determinerà nei prossimi trent’anni la scomparsa del 20% delle specie animali e vegetali. Ed è proprio sulla tutela della biodiversità che si sono avuti i maggiori contrasti: tutti i Paesi partecipanti, infatti, hanno firmato la convenzione sulla “biodiversità”, tranne gli Stati Uniti, con l’intento di proteggere, anche attraverso sovvenzioni finanziarie, le specie viventi in pericolo di estinzione. A Rio de Janeiro fu presentato anche il documento “Un ambiente per le future generazioni”, del Rapporto Unp/Unicef, in cui si afferma che i bambini nel mondo rappresentano il 32% della popolazione mondiale e i ragazzi al di sotto dei quindici anni circa 1,7 miliardi, sono il futuro dell’umanità ed, in quanto generazioni future, hanno il diritto di sopravvivere al degrado ambientale che sta uccidendo, soprattutto, i più deboli e poveri che vivono in situazioni in cui il sistema agricolo è fragile, senza sufficienti risorse (acqua, aria, suolo coltivabile). Venticinque milioni di uomini muoiono a causa dell’inquinamento industriale, urbano e agricolo. Quasi l’11% della vegetazione mondiale è a rischio mentre, di riscontro, la desertificazione aumenta vertiginosamente. Rio de Janeiro ha rappresentato la prima grande occasione di riflessione e confronto sulla sopravvivenza dell’uomo, della natura e dell’ambiente, sul divario economico tra l’Occidente e i Paesi del Terzo Mondo reale pericolo per innescare una reazione con conseguenze molto più gravi di quella dello scoppio della bomba atomica. Ed un problema, quale l’uso del nucleare, non è stato ancora affrontato approfonditamente così come quello della desertificazione dei Paesi del Terzo Mondo, perché il commercio del legname è una delle principali fonti per la loro economia. Al Summit di Rio de Janeiro partecipò, tra gli altri, la Chiesa cattolica che espressamente richiamò il dovere dell’etica contro l’egoismo e ribadì la necessità di una più equa distribuzione delle ricchezze disponibili sulla Terra. La Chiesa cattolica, dopo aver superato le differenze storiche sul rapporto tra l’uomo e la natura, oggi condanna palesemente l’uso distorto della natura. Il disegno divino illustrato nella Bibbia, assegna all’uomo una posizione privilegiata, perché Icreato ad immagine e somiglianza di Dio e ha diritto di servirsi della realtà creata/I. Ma ciò, ammonisce la Chiesa, Inon lo autorizza a padroneggiare sulla natura, tanto meno a devastarla/I. L’uomo è invece chiamato a farsi collaboratore di Dio nella promozione del creato Nell’Enciclica IRedemptor hominis/I di Giovanni Paolo II, per la prima volta la Chiesa cattolica affronta il problema del rapporto tra etica e ambiente; l’uomo d’oggi sembra essere sempre minacciato da ciò che produce, cioè dal risultato del lavoro delle sue mani e poi dal lavoro del suo intelletto, dalle tendenze della sua volontà. I frutti di questa multiforme attività dell’uomo troppo presto e in modo spesso imprevedibile, sono non soltanto e non tanto oggetto di “alienazione”, nel senso che vengono semplicemente tolti a colui che li ha prodotti. Essi infatti possono essere diretti contro di lui. In questo sembra consista l’atto principale del dramma dell’esistenza umana contemporanea, nella sua più larga ed universale dimensione. L’uomo pertanto vive sempre più nella paura. Egli teme che i suoi prodotti possano diventare mezzi e strumenti di una inimmaginabile autodistruzione, di fronte alla quale tutti i cataclismi e le catastrofi della storia, che noi conosciamo, sembrano impallidire. Secondo il Pontefice si tratta di una minaccia che “ha varie direzioni e vari gradi di intensità, ma che ha come matrice comune il fatto che l’uomo oggi non sembra avere altro parametro valutativo che quello inerente all’immediato uso e consumo”. Invece, precisa il Papa, “era volontà del Creatore che l’uomo comunicasse con la natura come Ipadrone/I e come custode intelligente e nobile e, non come sfruttatore e distruttore senza alcun riguardo”. Nell’Enciclica IRedemptor hominis/I si sottolinea che questa dimensione è realizzabile solo se si possiede “una visione etica della realtà e questa visione deve essere di guida, soprattutto, per chi dirige le sorti del genere umano. E per questo motivo che ”quel progresso, peraltro tanto meraviglioso, in cui è difficile non scorgere anche autentici segni della grandezza dell’uomo non può generare molteplici inquietudini“. E sorge costantemente la domanda: fino a che punto le conquiste della tecnica vanno d’accordo col progresso morale e etico dell’uomo? Nell’Enciclica ICentesimus annus/I il problema del rapporto tra ambiente ed etica viene inserito in un contesto più ampio che riguarda la qualità della vita dell’uomo. Conviene ora rivolgere l’attenzione agli specifici problemi ed alle minacce, che insorgono all’interno dell’economie più avanzate e sono connesse con le loro peculiari caratteristiche. Nelle precedenti fasi dello sviluppo, l’uomo ha sempre vissuto sotto il peso della necessità: i suoi bisogni erano pochi, fissati in qualche modo già nelle strutture oggettive della sua costituzione corporea e l’attività economica era orientata a soddisfarli. ’ chiaro che oggi il problema non è solo garantire una quantità ai beni sufficienti, ma quello di rispondere ad una domanda di qualità: qualità delle merci da produrre e da consumare; qualità dei servizi di cui usufruire; qualità dell’ambiente e della vita in generale. Il sistema economico non possiede al suo interno criteri per distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani, dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità. E’, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l’educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, inoltre il necessario intervento delle pubbliche autorità. L’etica nel rapporto con l’ambiente richiede che l’uomo, capace di trasformare e, in un certo senso, creare il mondo con il suo lavoro, non dimentichi l’originaria donazione delle cose da parte di Dio, credendo di poterne disporre a proprio piacimento in modo illimitato. ”Si avverte in ciò, prima di tutto, una povertà o meschinità dello sguardo dell’uomo, animato dal desiderio di possedere le cose anziché di riferirle alla verità, e privo di quell’atteggiamento disinteressato, gratuito, estetico che nasce dallo stupore per l’essere e per la bellezza, il quale fa leggere nelle cose visibili il messaggio del Dio invisibile che le ha create“. Il Concilio Vaticano II ha dedicato molte pagine alla vocazione di dominio dell’uomo sulla natura, rivendicando, comunque, la priorità dell’etica sulla tecnica, il primato della persona sulle cose, la superiorità dello spirito sulla materia. ”L’uomo non può rinunciare a se stesso, né al posto che gli spetta nel mondo visibile, non può diventare schiavo delle cose, schiavo dei sistemi economici, schiavo della produzione, schiavo dei propri prodotti“. Per la Chiesa cattolica l’unica via percorribile nel rapporto tra etica e ambiente è quella che dà una visione globale, onnicomprensiva del problema e che mette in risalto la responsabilità morale dell’uomo di fronte alle sue scelte. Nel nuovo Cattolicesimo della Chiesa, quando si commenta il settimo comandamento si afferma: ”Gli animali, come le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente destinati al bene comune dell’umanità passata, presente e futura. L’uso delle risorse minerali, vegetali e animali dell’universo non può essere separato dal rispetto delle esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri esseri viventi accordata dal creatore non può essere assoluta esige religioso rispetto dell’integrità della creazione“. Nell’IAngelus/I del 24 marzo 1996, Giovanni Paolo II ha lanciato un appello per l’ambiente: ”il processo di distruzione ambientale della Terra da parte dell’uomo sia bloccato almeno durante la Quaresima. Mentre la natura in questo scorcio di primavera si risveglia a vita nuova, mi piace sottolineare il valore che la pratica penitenziale riveste anche al fine di un’educazione profonda al rispetto dell’ambiente secondo il disegno di Dio“. ”Tale pratica, oltre ad essere un’altra forma di preghiera può essere usata anche per difendere la natura, dagli attacchi che ne deturpano il volto, ne pregiudicano gli equilibri e non si arrestano nemmeno di fronte alla minaccia del disastro ecologico“. Giovanni Paolo II nel discorso tenuto sulle Dolomiti, durante le vacanze dell’estate del 1993, ammonisce ”l’uomo sarà sottoposto a giudizio di Dio anche per le sue violenze“. Più tecnico e ugualmente drammatico, il richiamo all’ecologia contenuto nel messaggio scritto per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 1990 dedicata all’ambiente: ”Il grande esaurimento dello strato di ozono e il conseguente Ieffetto serra/I hanno ormai raggiunto dimensioni critiche a causa della crescente diffusione delle industrie, delle grandi concentrazioni urbane e dei consumi energetici“. Anche per la Chiesa cattolica l’uomo deve riflettere sulla propria responsabilità dell’uso distorto della natura. E’ il dovere verso le generazioni future, ovvero, la necessità di una nuova etica nei confronti dell’ambiente da inserire nel contesto etico dei valori esistenziali più profondi. (di Vincenzo Pepe - in opinione.it)

ENERGIA: RAPPORTO ENEA; IN RICERCA INVESTIMENTI INADEGUATI

Investire di piu' in ricerca. ''Solo cosi' si potra' partecipare con successo alla gara tecnologica che si e' aperta in Europa su fonti rinnovabili, efficienza energetica e nucleare per realizzare l'innovazione necessaria a procedere a emissioni zero''. Lo ha detto il presidente dell'Enea, Luigi Paganetto, presentando oggi a Roma il rapporto ''Energia e ambiente 2007''. Nel rapporto l'Enea sottolinea la necessita' di un forte impegno nella ricerca ''che oggi mostra in Italia investimenti inadeguati soprattutto nel confronto con i maggiori paesi europei''. Senza un impegno piu' elevato del passato, secondo l'Enea, ''gli obiettivi europei di riduzione dei consumi, di aumento delle energie rinnovabili e di riduzione dei gas serra risultano punti di arrivo quasi inavvicinabili''. Diversi i risultati delle analisi di scenario per quanto riguarda il fronte della riduzione delle emissioni. In particolare per il carbone ''i tempi necessari per la disponibilita' della tecnologia zero emissioni consentono di prefigurarne la relativa produzione di energia solo a partire dal 2025, con una quota sul totale che arriva al 9% nel 2040''. Confermata l'importanza decisiva dell'investimento nelle tecnologie per l'efficienza energetica da cui dipende, secondo la simulazione, il 45% della riduzione delle emissioni. Piu' difficili i risultati nel capitolo trasporti che risponde solo per il 6% agli interventi tecnologici per ridurre consumi ed emissioni. Solare, biomasse, biocombustibili e le altre rinnovabili nelle simulazioni raggiungono gli obiettivi assegnati dall'Europa. (ANSA).

CLIMA: ESPERTO GB, 100 MESI PER SALVARE IL MONDO

(ANSA) - LONDRA, 1 AGO - L'umanita' ha solo 100 mesi per salvare il mondo dalla catastrofe generata dai cambiamenti climatici: lo afferma sul Guardian l'esperto britannico Andrew Simms, responsabile degli studi sui mutamenti del clima alla New Economic Foundation, che indica come iniziare subito a invertire la rotta. Serve, dice, un New Deal Verde (come quello lanciato da Franklin Delano Roosevelt per far uscire gli Usa dalla Grande Depressione) un'azione forte dei governi sull'economia e sull' ambiente, prima che sia troppo tardi. Secondo Simms, ''sulla base di stime per difetto'', tra 100 mesi (otto anni e mezzo circa) potremmo raggiungere il punto dal quale il cambiamento climatico accelerera' a tal punto da essere irreversibile. La concentrazione della Co2 nell'atmosfera, spiega, e' la piu' alta degli ultimi 650.000 anni, un aumento raggiunto in soli 250 anni, dalla rivoluzione industriale, con la conseguente crescita delle citta', la distruzione delle foreste, il cambiamento d'uso dei terreni. Ogni secondo, a causa dell'attivita' umana, 1.000 tonnellate di anidride carbonica vengono riversate nell' atmosfera, incrementando l'effetto serra che surriscalda il pianeta. Di questo passo, i modelli scientifici di previsione dicono che tra cento mesi si arrivera' al punto del non ritorno, generato da fenomeni collegati, come lo scioglimento dei ghiacchi polari e la deminuita capacita' degli oceani di assorbire Co2: ovvero, il riscaldamento continuera' anche se cesseremo completamente di immettere gas nocivi nell'atmosfera. La conferenza intergovernativa sui cambiamenti climatici (Ipcc), ricorda Simms, ha detto c'e' una buona chance che, contenendo l'aumento medio della temperatura rispetto al mondo pre-industriale sotto ai 2 gradi centigradi, si potranno evitare le conseguenze piu' catastrofiche. Ma per fare questo c'e' bisogno di un intervento deciso dei governi - lui esorta in particolare quello britannico, accusandolo di trovare scuse per non agire - e quello che chiama un New Deal Verde. E fa l'esempio di Cuba, che nel 2006, in un solo anno, ha lanciato una campagna per cambiare tutte le lampadine a incandescenza con quelle a basso consumo. E quando crollo' l'Urss, e non arrivo' piu' il petrolio a basso costo, l'Avana inizio' a coltivare con metodi biologici ogni pezzo di terra disponibile, per non dipendere dall'import alimentare. Simms dice che ci vogliono molte misure combinate ma, innanzitutto, misure fiscali e strutturali contro chi profitta sugli alti prezzi del carburante e sulla City, che perpetua il modello dell'economia basata sui combustibili fossili: quelle tasse potrebbero pagare una rivoluzione dell'energia rinnovabile che creerebbe migliaia di posti di lavoro, sconfiggendo la crisi, e permetterebbe alla Gran Bretagna di diventare leader nella lotta al 'climate change'. Poi stop ad altre piste aeroportuali, alle centrali a carbone, si' a una massiccia campagna per l'isolamento termico degli edifici, basta con la filosofia 'una persona, un'auto', si' a nuovi mezzi sostenibili di trasporto. Risultato: Londra guiderebbe la lotta ai cambiamenti del clima, togliendo alibi agli altri paesi, e avrebbe un'economia meno esposta agli attuali shock economici ed ambientali. ''Si tratta di cose che si possono fare, perche' sappiamo come farle, ma finora non c'e' stata volonta' politica di farle'', osserva infine Simms. Per i dettagli delle sue proposte, c'e' anche un sito www.onehundremonths.org. (ANSA).

AMBIENTE: DDL VINCOLA SITI INQUINATI ECO-MAFIE PER BONIFICA

Bonificare terreni inquinati a causa dello scarico abusivo dei rifiuti anche nel caso in cui il proprietario sia ''irreperibile'', dando quindi la possibilita' al Comune di occupare anche i siti gestiti dalle eco-mafie. Si parla di terreni utilizzati per smaltire clandestinamente rifiuti anche tossici e nocivi, discariche abusive da cui possono derivare contaminazioni o pericoli di contaminazione, per emissioni oppure percolamento di liquami nel suolo. Questa la misura che costituisce la principale novita' del disegno di legge approvato oggi dal Consiglio dei ministri proposto dal ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. ''Obiettivo della norma e' evitare che si proceda a bonifiche di siti nelle disponibilita' della criminalita' organizzata - afferma Prestigiacomo in una nota - non vogliamo fare regali alla camorra. Intendiamo procedere alla bonifica dei suoli inquinati, aree utilizzati dalle eco-mafie per il racket dei rifiuti. Ma va coniugato il risanamento dell'ambiente con la legalita'''. Il ddl, spiega il ministero, permette l'accesso, anche senza consenso del proprietario, ad un sito del quale si sospetti fondatamente la possibile contaminazione, per effettuare prelievi e la caratterizzazione delle matrici ambientali. Ove poi il proprietario sia inattivo o, come spesso accade, irreperibile, si prevede che, previa diffida, il Comune possa procedere all'occupazione del sito ed effettuare cosi' gli interventi di bonifica. Obiettivo dell'intervento, conclude il ministero dell'Ambiente, e' non solo la tutela della risorsa ambientale ma anche un risultato in termini di maggiore equita' finanziaria. Infatti ove il proprietario ''irreperibile'' rivendichi, a bonifiche avvenute, i propri diritti sull'area, potra' tornarne in possesso solo dopo aver integralmente ripagato le opere di risanamento che sono state effettuate da parte degli enti pubblici. (ANSA). COM-KWS

Londra citta verde

In uno scenario caratterizzato dall'insediamento di oltre il 50% della popolazione mondiale in aree urbane, è sempre più evidente il ruolo di primo piano che le grandi città giocheranno nelle sfide relative al cambiamento climatico. Eppure, basterebbe sfruttare le tecnologie attualmente esistenti per ridurre drasticamente l'impronta ecologica di una megalopoli, con grandi vantaggi economici. Lo dimostra uno studio Siemens-McKinsey con un focus su Londra.
La capitale britannica rappresenta certamente una tra le più importanti al mondo, grazie al suo glorioso passato, ma anche alla sua grande influenza in fatto di cultura, economia e arte. Significativo, a tal proposito, quanto affermato in poche parole in merito alla sua ricchezza dal saggista e poeta Samuel Johnson: "quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita, perché a Londra si trova tutto quanto la vita può offrire".
Metropoli multietnica per eccellenza, Londra è la città più popolata dell'UE, con circa 7,5 milioni di abitanti. L'area metropolitana è la più ampia d'Europa, conta oltre 14 milioni di residenti, superando così, dal punto di vista demografico, nazioni come Lussemburgo e Svizzera.
E' davvero ambizioso pensare di trasformare una città estesa e popolosa in un esempio in termini di sostenibilità ambientale? Secondo uno studio Siemens realizzato con la collaborazione di McKinsey, investire nelle tecnologie già oggi esistenti potrebbe portare grandi vantaggi, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche di risparmi economici, senza minimamente intaccare lo stile di vita dei suoi abitanti.
Basterebbe isolare meglio gli edifici, ad esempio, per tagliare le emissioni di CO2 di circa il 10% entro il 2025. Una misura che garantirebbe un risparmio annuale di circa 150 milioni di euro. Inoltre, una maggiore efficienza nella termoregolazione dei building potrebbe portare ad un ulteriore saving di circa 400 milioni di euro sempre entro il 2025, eliminando circa 2,7 megatonnellate di anidride carbonica.
Particolarmente strategici, inoltre, gli investimenti nel settore energetico: in questo campo, le maggiori potenzialità di abbattimento di CO2 riguardano le centrali a ciclo combinato, capaci di emettere circa 1,3 megatonnellate di anidride carbonica in meno, per un risparmio di oltre 200 milioni di euro entro il 2025. Una centrale a ciclo combinato sfrutta, infatti, la combinazione di una turbina a gas e di una a vapore per generare energia a partire da un unico combustibile: recuperando quella termica dai gas di scarico della turbina a gas ed impiegandoli per generare vapore, il ciclo combinato è in grado di raggiungere altissimi valori di efficienza.
Un altro obiettivo primario è sicuramente la razionalizzazione delle risorse idriche: basterebbe una maggiore efficienza nelle applicazioni domestiche, ad esempio, per ridurre il consumo di acqua di oltre 60 milioni di metri cubi in meno di vent'anni.
Sul fronte rifiuti, il riciclaggio è senz'altro la pratica meno costosa e più sostenibile. Per tutto ciò che non può essere sottoposto a questi cicli, sono disponibili numerose soluzioni tecnologiche capaci di ridurre l'impatto ecologico, come ad esempio la trasformazione dei rifiuti biodegradabili in biogas.
Per quanto riguarda i trasporti, la pubblica amministrazione potrebbe dare un contributo determinante investendo ad esempio in bus ibridi, assicurando così alla città un risparmio stimato in circa 50 milioni di euro.
Senza considerare le ricadute sempre più vantaggiose - anche a livello economico - che sarà possibile ottenere nel tempo. Lo sviluppo tecnologico, infatti, procede a ritmi sostenuti con grandi benefici sui costi: ad esempio tra il 1975 e il 2003 il costo per kWh di energia solare è calato di oltre il 90%.
La ricerca Siemens-McKinsey sulla sostenibilità urbana sottolinea infine l'importanza di un approccio integrato, basato su un'azione sinergica fra le diverse aree di intervento. Dunque le sfide della sostenibilità ambientale dovranno essere affrontate con una prospettiva sistemica, in grado di in grado di valutare le più complesse ramificazioni economiche e sociali nel miglior modo possibile.
di Elsa Negri - da Siemens Newsletter.

Poste Italiane sposa l'ecologia: veicoli verdi per le consegne

Poste Italiane inaugura la «Green Post». E cioè la consegna della posta con l'utilizzo di mezzi elettrici per un recapito eco-sostenibile. Il progetto, presentato ieri a Roma, è promosso dall'Unione Europea e coinvolge già operatori postali del Belgio e dell'Ungheria mentre in Italia la sua sperimentazione è partita nel comune di Perugia.
«Nell'innovazione siamo i primi al mondo - ha spiegato Massimo Sarmi, a.d. di Poste Italiane - Quello che presentiamo oggi (ieri ndr) è un progetto importante perchè coniuga due aspetti: il rispetto dell'ambiente e la maggiore attenzione alla sicurezza dei lavoratori. Già a partire dal 2009 ci auguriamo che i nostri nuovi mezzi possano circolare nei centri storici con più difficoltà a essere raggiunti». Dal 30 gennaio i postini che lavorano nella città di Perugia consegnano la posta circolando sui «free duck» quadricicli, in tutto 57, a trazione elettrica e ibrida realizzati da Ducati Energia. I nuovi motorini, omologati per il trasporto di due persone, hanno un'autonomia di 50 Km se utilizzati a trazione elettrica, e di 300 Km se ibrida. Stefano Grassi, vice presidente Security & Safety Poste Italiane, ha spiegato gli obiettivi del progetto: «la riduzione dei costi del carburante, il rispetto dell'ambiente e il miglioramento delle condizioni di lavoro dei nostri dipendenti». (fonte: il tempo)

Colorata ecologia sulle superfici

Estate, c’è tempo per dedicarsi a dipingere pareti e verniciare vecchi mobili. Un fai da te che si può trasformare in atto ecologista. Se si evitano i prodotti dell’industria petrolchimica. Un milione di tonnellate di pitture, vernici, svernici e via colorando e scolorando sono spalmate ogni anno sulle superfici abitative italiane, dentro e fuori. E’ un comparto fra i più inquinanti nella fase di produzione (Cengio docet) e di smaltimento del prodotto, ma anche nella fase di applicazione e uso. Usare - in interni ed esterni - pitture, vernici, prodotti di trattamento, impregnanti, diluenti, antitarme ecologici e fuor di petrolchimica è bello, possibile e far star meglio noi, la nostra casa, i lavoratori (operai produttori e imbianchini; o noi stessi) e l’ambiente. Suggeriamo il sito di Spring Color (www.springcolor.it), azienda marchigiana di “pitture naturali per l’edilizia non tossiche e senza petrolio e derivati”. Nella fabbrica aleggia un profumo di arancio… già, la mefitica acquaragia di sintesi come diluente è sostituita dalla trementina o dal terpene dalle bucce degli agrumi. * Intonacare, pitturare, verniciare. La gamma di prodotti senza solventi né metalli pesanti è ampissima: pitture murali con pigmenti a basi di silicati e ossidi di terre; smalti con essenze e coloranti naturali (ingredienti di uno smalto Spring Color: olio di lino cotto - senza piombo, ossido di zinco, essiccante a base cobalto-manganese, aceto, e come pigmenti terre, ossidi di ferro, biossido di titanio, solfato di rame); coloranti e impregnanti per trattare il legno, i sottotetti, le travature e i parquet; impregnanti per interni ed esterni; antiruggine; vernici alla grafite per l’isolamento dall’inquinamento elettromagnetico; vernici per i radiatori; collanti naturali; sostanze per sverniciare. Attenzione: le semplici pitture ad acqua hanno comunque pigmenti chimici. * Sverniciare i mobili. No alle “creme spalmabili” chimiche. Meglio il phon elettrico che riscalda la vernice e permette poi di staccarla con un raschietto e una spazzola. Si potrà provare con questa miscela innocua ma efficace: un chilogrammo di calce spenta, un chilogrammo di potassa (nei negozi di concimi), un secchio di segatura finissima dispersa in acqua e mescolata. Si spalma la pastella sul legno in strato spesso, si lascia agire per quattro ore, poi si raschia via con una spatola; verrà via anche la vernice. La superficie si sciacqua con un getto d’acqua e con acido acetico diluito per asportare i residui. Niente solventi al cloro per pulire i pennelli: lasciarli a bagno in una soluzione di aceto e acqua calda. * Il resto e i resti. Tutti i residui, inclusi i pulenti, i barattoli di plastica contenenti le pitture, i resti di vecchi colori non più utilizzabili devono essere trattati come rifiuti particolari; anche se sono naturali. Raccogliere bene le scorie e smaltirle insieme ai rifiuti pericolosi, nelle isole ecologiche. Non nel water o nel tombino! Meglio ancora: regalare il non utilizzato a qualcuno prima che si rovini. * Legno bello e sano. Per trattarlo bastano olio di lino puro (un litro per 20 mq) tirando con il pennello uno strato sottilissimo. Per fermare la proliferazione dei tarli nel legno vecchio tenerlo lontano da fonti di calore e dall’umidità. Per la prevenzione di tarli, “capricorni” e altro usare sali di boro al 10%; contro funghi e insetti, soluzioni di soda. Anche l’olio essenziale di lavanda è un buon insetticida.
fonte: greenreport

Arriva dal Giappone l'eco-suino: la catena Aeon lo alleva con il cibo invenduto nei supermercati

Arriva dal Giappone il suino ecologico: allevato con il cibo invenduto dei supermercati, contribuisce al riciclaggio intelligente della merce avanzata e al tempo stesso da una mano all'abbattimento delle emissioni in atmosfera, consumando prodotti altrimenti destinati all'incenerimento. L'iniziativa sperimentale è stata avviata nella prefettura di Chiba, periferia orientale di Tokyo, dove un'azienda specializzata raccoglie il cibo invenduto di circa 25 tra supermercati e negozi di generi alimentari e ne ricava un mangime liquido con cui alleva i suini, che a loro volta tornano sotto forma di merce sui banconi di 55 negozi, in un inedito circolo virtuoso all'insegna di risparmio ed ecologia. E' la prima iniziativa. Al momento si tratta della prima iniziativa, organizzata dalla catena di supermercati Aeon, nato dalla nuova legge del dicembre 2007 che regola il riciclaggio dei rifiuti. Il provvedimento permette alle aziende certificate di raccogliere il cibo inutilizzato, ma ancora buono, per destinarlo ad altri impieghi e sottrarlo così alla catena del sempre più costoso smaltimento dei rifiuti urbani. Il risparmio è notevole. In passato la raccolta del cibo invenduto costava circa il doppio rispetto al semplice incenerimento, ma negli ultimi anni le nuove tecnologie hanno permesso di abbattere drasticamente gli investimenti necessari, con l'ulteriore vantaggio ecologico di ridurre sensibilmente le emissioni di diossido di carbonio in atmosfera. (fonte: il messagero)

La bellezza ci salverà

di Ciro MAGNO, Isabella TORELLI e Sergio VAIRA




Lo sviluppo delle nuove realtà economiche dovrà basarsi sulle risorse, le potenzialità fisiche e creative dei luoghi. Questa la strategia vincente emersa nel dibattito della terza serata di Festambientesud. All’incontro – coordinato dal direttore della Nuova Ecologia Marco Fratoddi – hanno partecipato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza e la responsabile della campagna Salvalarte dell’associazione Federica Sacco. Assieme a loro, esponenti politici e del mondo imprenditoriale del territorio: Francesco Nasuti, assessore alla Cultura del Comune di Monte Sant’Angelo, il sindaco di Orsara di Puglia Mario Simonelli e il direttore della Coldiretti Foggia Giuseppe Scagliola.

“Come valorizzare il territorio senza svenderlo?” è stato lo spunto di riflessione lanciato dal moderatore. “Esistono vari modi di fare economia – ha replicato Cogliati Dezza – occorre capire cosa si vuol fare di un territorio. Anche bruciare i boschi è un modo di fare economia se si intende produrre guadagno per qualcuno – ha aggiunto – ma un’economia realmente innovativa necessita della capacità di risolvere i problemi attuali e di prevedere quelli futuri”.


Un esempio di programmazione dello sviluppo di un territorio è Orsara di Puglia. A testimoniarlo il primo cittadino del piccolo comune foggiano, che fonda il successo della sua economia sulla passione per il jazz e la creazione di un festival tematico. “Vent’anni fa il mio comune non aveva nessuna struttura ricettiva. Oggi, grazie al connubio fra musica ed enogastronomia, ci sono due alberghi, un affittacamere, quattro bed and breakfast e sedici ristoranti. Il segreto del successo è la cooperazione tra i soggetti delle realtà locali, che nel caso di Orsara hanno reso la città meta turistica di tutto rispetto”.

Sull’importanza della sinergia tra le realtà locali si è soffermato anche il direttore della Coldiretti Scagliola: “La salvaguardia dei prodotti tipici e la collaborazione tra i produttori hanno ricreato un forte legame tra consumatori e produttori stessi. Un patto che ha riaperto il mondo del mercato agricolo all’interno delle reti economiche. Il meccanismo della filiera corta e dei farmer market, i mercati agricoli locali, ne sono una conferma”.

Per costruire economia occorre prima salvaguardare le caratteristiche identitarie di un territorio. Su questo punto si sofferma Federica Sacco di Legambiente, ricordando che “l’Italia è ricca di beni culturali ma non si fa nulla per preservarli e tramandarli alle generazioni future”. Nella stessa direzione l’intervento dell’assessore di Monte Sant’Angelo Nasuti. “L’economia portante di questa comunità – ha detto riferendosi al suo comune – è strettamente legata ai suoi 15 secoli di storia, ma dobbiamo puntare sulla sua complessità e lavorare sul fronte della piana di Macchia, verso il mare”.

Su questo punto sono arrivate alcune repliche dal pubblico. «Bisogna potenziare i servizi e l’ospitalità nel centro di Monte Sant’Angelo piuttosto che intervenire in altre località del comune - ha detto il ristoratore Gegè Mangano – L’economia del paese si basa su tre elementi: turismo, ristorazione e ambiente”. Antonio Stuppiello, insegnate di Monte Sant’Angelo, ha evidenziato invece che nel territorio del comune “il partito del mattone ha monopolizzato gli obiettivi di sviluppo”.

“Una parola non è mai stata pronunciata in questo dibattito – ha concluso provocatoriamente Vittorio Cogliati Dezza – È il termine “bellezza”. Il nostro paese ha smesso di produrre bellezza. Invece è proprio da qui che bisogna ripartire”. (fonte: lanuovaecologia)

Onu, meno aria condizionata contro il riscaldamento della terra

NEW YORKIl segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon si è messa una mano sulla coscienza e per combattere il surriscaldamento del pianeta ha deciso di agire in prima persona e di abbassare l’aria condizionata dei suoi uffici fino ad alzare i termostati di cinque gradi centigradi Dai 20 gradi attuali si passerà a 25, ha indicato un portavoce precisando che il programma battezzato “Cool UN” andrà avanti per un mese e permetterà di calcolare il consumo di energia ed i costi all’interno del palazzo.Ban ha invitato i dipendenti ad adeguarsi al cambiamento: via gli abiti di lana e di fresco di lana mentre verrà tollerato un abbigliamento più casual e leggero. Se l’iniziativa avrà successo, il prossimo inverno il termostato verrà a sua volta abbassato di 5 gradi.«Queste piccole manovre consentiranno all’Organizzazione di risparmiare circa 1 milione di dollari l’anno» ha spiegato Michael Adlerstein, l’architetto americano che attualmente si sta occupando dei lavori di ristrutturazione in corso all’interno del Palazzo di Vetro. (fonte: lastampa ambiente 31 luglio 2008)

Polo Nord, si stacca una nuova maxi isola di ghiaccio

ELLESMERE (CANADA) - Dopo l’immensa isola di ghiaccio di Ayles, 65 chilometri quadrati, formatasi tre anni fa a nord del Canada, nasce nella stessa zona un altro isolotto di 20 chilometri. Le immagini, diffuse dal satellite, mostrano la nuova lastra che si è collocata circa 500 miglia a sud del Polo Nord. Secondo gli esperti si tratta di due delle più grandi isole galleggianti di ghiaccio oggi esistenti sul pianeta insieme a quella formatasi nel 2005 dopo che un blocco di 66 chilometri quadrati si staccò dall’isola di Ellesmere, nell’estremo nord del Canada.Il distacco dei due grandi blocchi di ghiaccio è avvenuto la settimana scorsa, secondo quanto riferito uno dei responsabili del Servizio canadese dei ghiacci. La prima isola di ghiaccio si è staccata intorno al 22 luglio scorso, la seconda tra il 23 e il 24 luglio. La nuova piattaforma di ghiaccio si è staccata dall’isola di Ellesmere, nella costa nord del Canada ed è, dopo l’isola di Ayles, la lastra di ghiaccio più grande nella regione. Il distacco dei due enormi blocchi di ghiaccio ha avuto un impatto tale che lo hanno rilevato sismografi canadesi situati a oltre 250 chilometri di distanza. Gli scienziati hanno ricordato che durante l’estate potrebbero verificarsi ulteriori frazionamenti e che il polo nord è soggetto, quest’anno, ad una «rapida ritirata». (fonte: lastampa ambiente 1 Agosto 2008)

IL COMPORTAMENTO ECOLOGICO: LA RESPONSABILITA' ETICA DELL'UOMO RISPETTO DELLA NATURA E DELLA PROPRIA VITA NEL MONDO

contributo di monsignor Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

Talvolta si sente dire che il Magistero sociale della Chiesa cattolica sarebbe piuttosto povero circa le tematiche legate all'ambiente naturale e alla sua salvaguardia. Che ci sia la necessità di un approfondimento della riflessione dottrinale del Magistero sulla vasta problematica dell'ecologia è certamente vero, ma non perché tale Magistero sia stato finora povero di approfondimenti, quanto perché la dottrina sociale della Chiesa nasce "dall'incontro del messaggio evangelico e delle sue esigenze, che si riassumono nel comandamento dell'amore di Dio e del prossimo e nella giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della società. [...] Lungi dal costituire un sistema chiuso, esso resta costantemente aperto alle nuove questioni che si presentano di continuo ed esige il contributo di tutti i carismi, esperienze e competenze" . Da un lato questo insegnamento sociale è "costante", soprattutto per il suo vitale rapporto con il Vangelo, "dall'altro è sempre nuovo, perché è soggetto ai necessari ed opportuni adattamenti suggeriti dal variare delle condizioni storiche". Non c'è dubbio, infatti, che tra le variate condizioni storiche e tra le nuove questioni (le res novae) ci sia anche l'insieme delle problematiche che vanno sotto il titolo di questione ambientale, che è un aspetto non secondario o, se si preferisce, un modo moderno di presentarsi della questione sociale.

In occasione del World Summit sullo sviluppo sostenibile tenutosi a Johannesburg nel 2002, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha pubblicato un interessante sussidio dal titolo: "From Stockholm to Johannesburg. An Historical Overview of the Concern of the Holy See for the Environment". Scorrendone le pagine è facile rendersi conto di quanto il Magistero abbia prodotto, dal Vaticano II a Paolo VI a Giovanni Paolo II e di come l'attuale Pontefice Benedetto XVI e la Santa Sede siano fortemente presenti nello sviluppo del dibattito mondiale sui grandi temi dell'ambiente e dello sviluppo. Vorrei aggiungere inoltre che anche il Magistero delle Conferenze Episcopali, proseguendo l'insegnamento pontificio e declinandone l'ispirazione di fondo in sede locale e continentale, è stato molto sensibile ai problemi ambientali. Questo Magistero ha trovato poi espressione anche nelle Esortazioni apostoliche Ecclesia in America, Ecclesia in Asia, Ecclesia in Oceania, Ecclesia in Africa che contengono importanti riflessioni sull'ambiente. Un Magistero senz'altro da approfondire quello sull'ecologia, ma finora piuttosto consistente. E' il caso allora, considerato che il Magistero anche recente della Chiesa non ha trascurato questo problema, di mettere a fuoco nel loro insieme alcuni degli orientamenti di fondo di questo insegnamento sull'ambiente.

La natura in rapporto a Dio e all'uomo

La prima osservazione da farsi è che quando la Chiesa si occupa della natura non la intende solo naturalisticamente. Non sembri un gioco di parole. Essa vede sempre la natura in rapporto a Dio e all'uomo, non la vede solo come un insieme di cose, ma anche di significati.

La parola Physis, significava per gli antichi filosofi greci, non solo le cose, ma anche il legame di senso che le teneva unite. La Physis era un Cosmo: le cose e, insieme, la loro misura, il loro ordine. Non era quello un ordine antropocentrico, perché per il greco anche l'uomo è cosa tra le cose e nella natura esistono addirittura cose più nobili di lui, come per esempio gli astri del cielo. Ci vorrà il messaggio ebraico-cristiano perché l'uomo emerga sulle altre cose come realtà eminente. L'uomo è creato "ad immagine e somiglianza di Dio" e in Gesù di Nazareth Dio stesso si è fatto uomo: et Verbum caro factum est. Da qual momento il fondamento dell'ordine della natura oltrepassava l'ambito cosmico per fondarsi su un principio assoluto e trascendente e, per lo stesso motivo, l'uomo veniva innalzato sopra il creato. La natura trovava un suo senso in un dialogo tra l'uomo e Dio e le cose stesse trovavano collocazione in un rapporto di amore e di intelligenza.

La scienza moderna avrebbe potuto svilupparsi dentro un simile paradigma, perché nulla di quanto essa afferma lo contraddice. Ma sappiamo che, non per la scienza in sé, quanto per alcune "visioni" della scienza, talvolta la "ragione strumentale" ha avuto ed ha il sopravvento e la natura è stata concepita, per fare l'esempio di Kant, come materia cui l'intelletto umano detta autoritativamente le proprie forme. La visione strumentale della natura, separata dal rapporto con l'uomo dentro un orizzonte di senso radicato in Dio creatore, ha avuto mille espressioni. Per molto tempo la scienza ha "disincantato", per dirla con Marx Weber, la natura, spogliandola del suo riferimento al Dio. Oggi la scienza, ove non venga ideologicamente deviata, mostra sempre di più l'intelligenza che sta dentro la natura e che non può essere semplicemente natura.

Sulla natura l'insegnamento della Chiesa getta la luce della rivelazione, la luce della creazione e la luce escatologica della redenzione. La natura è per l'uomo e l'uomo è per Dio. Il Magistero della Chiesa, quindi, non avalla né l'assolutizzazione della natura, né la sua riduzione a mero strumento; ne fa invece teatro culturale e morale nel quale l'uomo gioca la propria responsabilità davanti agli altri uomini, comprese le generazioni future, e davanti a Dio. Questo significa che la natura, biologicamente e naturalisticamente intesa, non è un assoluto, ma una ricchezza posta nelle mani responsabili e prudenti dell'uomo: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere. Quanto si muove e ha vita vi servirà il cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe". Significa anche che l'uomo ha una indiscussa superiorità sul creato e, in virtù del suo essere persona dotata di un'anima immortale, non può essere equiparato agli altri esseri viventi, né tantomeno considerato elemento di disturbo dell'equilibrio ecologico naturalistico. Significa, infine, che la natura, così come non è tutto non è nemmeno niente e l'uomo non ha un diritto assoluto su di essa, ma un mandato di conservazione e sviluppo in una logica di universale destinazione dei beni della terra che é, come noto, uno dei principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa.

Alcune puntualizzazioni

In questa prospettiva, desidero ora proporre alcune puntualizzazioni riguardanti visioni, punti di vista, culture che, in un modo o in un altro, si caratterizzano per il loro proporsi in termini ideologici, senza alcuna consonanza tematica con la dottrina sociale. Schematicamente vorrei segnalarne tre:

a) L'ideologia del biologismo. La parola biologismo può assumere vari significati. Io la intendo qui come la riduzione di tutto l'umano al biologico. Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa usa l'espressione "biocentrismo"(n. 463). Sottostante a questa ideologia c'è l'idea di una sostanziale omogoneità della biosfera, senza la possibilità di distinguere una superiorità dell'uomo e, quindi, tentando di ricondurre tutte le funzioni ed attività umane alle loro basi biologiche e genetiche. Il biocentrismo non è una scienza, è appunto una ideologia, o se vogliamo un paradigma culturale, che si contrappone all'antropocentrismo. Casi particolari di biologismo sono le teorie animaliste secondo le quali non esiste sostanziale differenza tra l'uomo e gli animali inferiori.

b) L'ideologia del catastrofismo. La madre di tutti i catastrofismi dell'ambientalismo ideologico è stato il rapporto preparato dal MIT di Boston per il "Club di Roma" e reso noto nel 1972. Ne sono seguiti altri, soprattutto con riguardo all'esaurimento delle energie non riproducibili e alla sovrappopolazione. Il tema della sovrappopolazione ha visto riemergere ideologie neomalthusiane fondate sull'idea che la principale causa del degrado ambientale sia la cosiddetta sovrappopolazione. Il catastrofismo è una ideologia quando si nutre di un pessimismo antropologico tale da non puntare per nulla sull'uomo come risorsa. Il pessimismo e il sospetto per l'uomo diventano fiducia estrema nelle tecniche selettive, compreso l'aborto e la sterilizzazione di massa, gestite da agenzie internazionali e da industrie farmaceutiche interessate ai grandi profitti implicati. In occasione della Conferenza dell'Onu su Popolazione e sviluppo, tenutasi al Cairo nel 1994, e poi ancora a quella sulla Donna, svoltasi a Pechino nell'anno successivo, l'azione diplomatica esercitata dalla Delegazione della Santa Sede, hanno trovato una singolare sintonia con i paesi poveri del pianeta, interessati a denunciare l'ideologia neomalthusiana che proponeva di pianificare centralisticamente le nascite, facendo violenza alle donne.

c) L'ideologia del naturalismo egotistico, ossia nel "ritorno alla natura", nelle varie forme di esoterismo naturalistico, di narcisismo fisico, alla ricerca di un benessere psicologico ed emotivo scambiato per benessere spirituale. La natura viene vista come una immensa beauty-farm. Si tratta di forme di naturalismo che sconfinano nella New Age, alimentano il supermarket della religiosità, intendono panteisticamente la biosfera come un tutt'uno indistinto e perdono definitivamente di vista la natura intesa come dialogo tra l'uomo e Dio e come compito da contribuire responsabilmente a realizzare.

Ecologia ambientale ed ecologia umana

Quale risposta alle visioni ideologiche sopra richiamate, il Magistero sociale sottolinea la complementarietà tra ambiente naturale e mondo dell'uomo, tra aspetti materiali ed immateriali dello sviluppo, tra ecologia da un lato e cultura ed etica umane dall'altro. A questo riguardo, il Servo di Dio Giovanni Paolo II adoperò l'espressione "ecologia umana". Dio - Egli scriveva - non solo ha dato all'uomo la terra, ma gli ha anche dato l'uomo stesso. Egli deve quindi rispettare non solo la natura mediante una "ecologia naturale", ma anche la degna vita morale dell'uomo mediante una "ecologia umana". L'una e l'altra sono strettamente legate: se non si rispetta la natura ne deriveranno dei danni anche per la società, contemporaneamente, se non si rispetta l'ecologia dei rapporti umani e sociali ne risulterà deturpato anche l'ambiente.

In questa ottica, il problema ambientale è un problema antropologico. Scriveva Giovanni Paolo II nella Centesimus annus: "All'origine dell'insensata distruzione dell'ambiente naturale c'è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo. L'uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione della cose da parte di Dio. Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra [...] e invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell'opera della creazione, l'uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui".

Nella prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, quella ecologica non è solo un'emergenza naturale, è anche un'emergenza antropologica. Il modo di rapportarsi al mondo dipende dal modo di rapportarsi dell'uomo con se stesso. Ma a leggere il passo della Centesimus annus riportato qui sopra, bisogna anche aggiungere che il modo con cui l'uomo guarda dentro se stesso dipende da come si rivolge a Dio. L'errore antropologico è, a sua volta, un errore teologico. Quando l'uomo vuole porsi al posto di Dio, come dice l'enciclica, perde di vista anche se stesso e la sua responsabilità di governo della natura.

Per concludere...un Decalogo

Utilizzando l'orizzonte concettuale di fondo proposto dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa sulla questione ambientale, si può tentare di evidenziare alcune tra le più significative affermazioni. Per efficacia espositiva si utilizzerà il codice linguistico del decalogo, anche se quello che segue non intende essere e proporsi come il decalogo.

1. La Sacra Scrittura indica i criteri morali fondamentali per affrontare la questione ambientale: la persona umana, fatta ad immagine e somiglianza di Dio Creatore, è posta al di sopra di tutte le altre creature terrene, che deve usare e curare in modo responsabile per corrispondere al grande progetto divino sulla creazione. L'Incarnazione di Gesù, Verbo divino, e la Sua predicazione testimoniano il valore della natura: niente di quanto esiste in questo mondo risulta estraneo al disegno creatore e redentore divino (nn. 451-455).

2. Nell'approccio alla questione ambientale il Magistero sociale della Chiesa sollecita a tener conto di due esigenze fondamentali: a) non si deve ridurre utilitaristicamente la natura a mero oggetto di manipolazione e sfruttamento; b) non si deve assolutizzare la natura, ne sovrapporla in dignità alla stessa persona umana (nn. 461-464).

3. La questione ambientale odierna coinvolge l'intero pianeta e la tutela dell'ambiente costituisce una sfida per l'umanità intera: si tratta del dovere, comune e universale, di rispettare un bene collettivo. La responsabilità verso l'ambiente, patrimonio comune del genere umano, si estende non solo alle esigenze del presente, ma anche a quelle del futuro. Si tratta di una responsabilità che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future (nn. 466-467).

4. Nell'approccio alla questione ambientale si deve far valere il primato dell'etica sulla tecnica e, dunque, della necessità di salvaguardare sempre la dignità dell'essere umano. Punto di riferimento centrale per ogni applicazione scientifica e tecnica è il rispetto dell'uomo, che deve accompagnarsi ad un doveroso atteggiamento di rispetto nei confronti delle altre creature viventi (nn. 456-460).

5. In una corretta impostazione della questione ambientale, la natura non va considerata una realtà sacra o divina, sottratta all'azione umana. Essa è piuttosto un dono offerto dal Creatore alla comunità umana, affidato all'intelligenza e alla responsabilità morale dell'uomo. Per questo egli non compie un atto illecito quando, rispettando l'ordine, la bellezza e l'utilità dei singoli esseri viventi e della loro funzione nell'ecosistema, interviene modificando alcune loro caratteristiche e proprietà. Sono deprecabili gli interventi dell'uomo quando danneggiano gli esseri viventi o l'ambiente naturale, mentre sono lodevoli quando si traducono in un loro miglioramento (nn. 472-480).

6. La questione ambientale evidenzia la necessità di armonizzare le politiche dello sviluppo con le politiche ambientali, a livello nazionale e internazionale. La programmazione dello sviluppo economico deve considerare attentamente la necessità di rispettare l'integrità e i ritmi della natura, poiché le risorse naturali sono limitate e alcune non sono rinnovabili. Ogni attività economica che si avvalga delle risorse naturali deve anche preoccuparsi della salvaguardia dell'ambiente e prevederne i costi, che sono da considerare come una voce essenziale dei costi dell'attività economica (nn. 469-470).

7. La questione ambientale richiede che si operi attivamente per lo sviluppo integrale e solidale delle regioni più povere del pianeta. A questo riguardo, la dottrina sociale invita a tener presente che i beni della terra sono stati creati da Dio per essere sapientemente usati da tutti: tali beni vanno equamente condivisi, secondo giustizia e carità. Nell'attuazione di uno sviluppo integrale e solidale, il principio della destinazione universale dei beni offre un fondamentale orientamento, morale e culturale, per sciogliere il complesso e drammatico nodo che lega insieme questione ambientale e povertà (nn. 481-485).

8. La questione ambientale richiede per la protezione dell'ambiente la collaborazione internazionale, attraverso la ratifica di accordi mondiali sanciti dal diritto internazionale. La responsabilità verso l'ambiente deve trovare una traduzione adeguata a livello giuridico. Il contenuto giuridico del diritto ad un ambiente sano e sicuro dovrà essere elaborato secondo le esigenze del bene comune e in una comune volontà di introdurre anche sanzioni per coloro che inquinano (n. 468).

9. La questione ambientale sollecita un effettivo cambiamento di mentalità che induca ad adottare nuovi stili di vita. Tali stili di vita devono essere ispirati alla sobrietà, alla temperanza, all'autodisciplina, sul piano personale e sociale. Bisogna uscire dalla logica del mero consumo e promuovere forme di produzione agricola e industriale che rispettino l'ordine della creazione e soddisfino i bisogni primari di tutti. Un simile atteggiamento favorisce una rinnovata consapevolezza dell'interdipendenza che lega tra loro tutti gli abitanti della terra (n. 486).

10. La questione ambientale richiede anche una risposta a livello di spiritualità, ispirata dalla convinzione che il creato è un dono, che Dio ha messo nelle mani responsabili dell'uomo, affinché ne usi con amorevole cura. L'atteggiamento che deve caratterizzare l'uomo di fronte al creato è essenzialmente quello della gratitudine e della riconoscenza: il mondo, infatti, rinvia al mistero di Dio che lo ha creato e lo sostiene. Se si mette tra parentesi la relazione con Dio, si svuota la natura del suo significato profondo, depauperandola. Se invece si arriva a riscoprire la natura nella sua dimensione di creatura, si può stabilire con essa un rapporto comunicativo, cogliere il suo significato evocativo e simbolico, penetrare così nell'orizzonte del mistero, che apre all'uomo il varco verso Dio, Creatore dei cieli e della terra. Il mondo si offre allo sguardo dell'uomo come traccia di Dio, luogo nel quale si svela la Sua potenza creatrice, provvidente e redentrice (n. 487).

S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi

Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

(fonte: zenit.org)

Ecologia, WWF informatizza le sue oasi

Una partnership con Microsoft per raccogliere informazioni preziose su come sta cambiando la Terra. E misurare quanto sia grande l'impronta ecologica del genere umano, prima che schiacci l'intero pianeta
Roma - Il pianeta sta cambiando, e questo cambiamento può essere misurato in molti modi. In centimetri, come quelli persi ogni anno dai ghiacciai un tempo perenni. In colori, come quelli spariti dei coralli dal fondo del mare. O ancora, in numero di specie tropicali di uccelli, pesci e farfalle che ogni anno colonizzano le campagne e i mari italiani. Un fenomeno che va studiato, e che il WWF intende analizzare all'interno delle sue storiche Oasi distribuite su tutto il territorio italiano, trasformate in vere e proprie "stazioni di monitoraggio" grazie al contributo tecnologico di Microsoft.

"Occorre iniziare a studiare sistematicamente la variabilità naturale degli ecosistemi - spiega a Punto Informatico Gianfranco Bologna, direttore scientifico di WWF Italia - e come su questa variabilità naturale influisca il contributo dell'uomo: dobbiamo imparare a discernere l'intervento umano, rilevare qual è la differenza dopo il suo passaggio. È un grande problema planetario: la modifica dei cicli biogeochimici, come quello del carbonio o dell'azoto, per non parlare della modificazione fisica degli ecosistemi, provoca una cascata dinamica energetica che cambia la faccia del pianeta".

Un pianeta che, prosegue Bologna, ormai l'uomo ha finito per plasmare nel bene e nel male: "Anche grazie ai dati ottenuti dai satelliti, oggi siamo in grado di affermare che la cosiddetta human footprint, la trasformazione fisica che abbiamo effettuato, è nell'ordine del 83 per cento della superficie delle terre emerse". Proprio questi dati, comunque, secondo il direttore scientifico, sono l'esempio degli avanzamenti della ricerca scientifica che consentono di monitorare l'evoluzione del pianeta. "Satelliti di telerilevamento, mega-supercomputer, processamento dei dati rapido", tutto questo può servire a tenere traccia dei cambiamenti.

Bologna spiega che il WWF si è interrogato su come riuscire a valorizzare le sue Oasi attraverso questi nuovi strumenti: "Abbiamo sempre adoperato le Oasi per tesi di laurea, campi all'aperto, escursioni: ma con questo nuovo progetto rendiamo più sistematica la capacità di raccogliere informazioni in aree in cui l'intervento umano è stato razionale, che mantengono buone condizioni naturali. Alcune Oasi sono abbastanza complesse dal punto di vista logistico, ma sono siti senz'altro attraenti per acquisire informazioni interessanti per chi si occupa di questi problemi".

Da parte sua, il WWF Italia può vantare un comitato scientifico composto da esperti di fama internazionale: Bologna fa i nomi, tra molti altri, del professor Valentini del CNR che si occupa del ciclo del carbonio, dei professori Navarra e Castellari che sono invece tra i massimi esperti di modellistica terrestre e marina. Microsoft, invece, possiede un centro di ricerca a Cambridge che già si occupa di questo tipo di questioni.Più nel dettaglio, spiega a Punto Informatico Carlo Iantorno (direttore della divisione Responsabilità Sociale e Innovazione di Microsoft Italia), il contributo della sua azienda si concentrerà nella costruzione di un database e nell'analisi dello stesso: "Si individuano un numero di variabili del problema in questione, che consentono di osservare la vita di un grande numero di esseri viventi, e questi valori vengono raccolti a intervalli regolari di tempo nelle varie oasi e memorizzate in un database centrale". Applicando una serie di tecniche di business intelligence vengono poi estrapolate le tendenze, che si potrà "confrontare con dei benchmark, ossia valori riscontrati in ambienti di riferimento a condizioni ideali, per individuare possibili scostamenti e quindi poter segnalare tendenze fuori dalla norma".

Il tutto, sottolinea Iantorno, potrà essere condiviso da scienziati e ricercatori attraverso le tecnologie tipiche del web 2.0, così da lasciare spazio a commenti e osservazioni provenienti da ogni parte del mondo. "Il WWF - prosegue - potrà essere utilizzatore delle nuove tecnologie Microsoft prima del loro rilascio sul mercato. Inoltre, si cercheranno sinergie con gli altri programmi di collaborazione fra Microsoft e WWF nel mondo". Un impegno ribadito anche da Umberto Paolucci, presidente di Microsoft EMEA: "Microsoft Italia aiuterà il WWF a costruire un sistema informativo super-efficiente con le nostre tecnologie, ed insieme con il WWF osserveremo l'evoluzione del Sistema delle Oasi che rappresenta il più importante progetto di conservazione del WWF Italia".

Un programma di questo tipo, comunque, va ovviamente inserito in quadro più ampio possibile, per misurare gli effetti dell'azione dell'uomo su vasta scala: "Più dati si hanno, più si è in grado di capire l'andamento per l'intero continente - spiega Bologna - Mettere a disposizione della ricerca un network di aree che sono più protette di altre, aiuta ad avere informazioni utili a desumere gli andamenti, dati che diventano preziosi per l'elaborazione dei modelli, per comprendere l'evoluzione degli ecosistemi e incrementare anche la nostra capacità predittiva".



I modelli, continua Bologna, in questi anni si sono affinati "sia per quanto attiene alla risoluzione spaziale, sia per una migliore capacità di indicazione dei trend". Il contributo di Microsoft potrebbe fornire l'aiuto per l'analisi di quanto sta avvenendo, attraverso la comparazione delle informazioni raccolte su diverse aree, per costruire un quadro che descriva il trend dell'area del Mediteranneo.Proprio perché, tuttavia, non esistono stime precise di quanto sta accadendo, per ora il progetto non ha ancora degli obiettivi rigidi: "Non abbiamo un punto fisso da raggiungere - chiarisce Bologna - Queste ricerche hanno bisogno di tempo: tempo necessario a correlare un fenomeno alla dimensione del mutamento, per consentire agli studiosi di analizzare le diverse osservazioni. La nostra idea, comunque, è di pubblicare di anno in anno un piccolo rapporto sui dati che riteniamo importanti e significativi, che potranno riguardare ad esempio la presenza di specie vegetali ed animali, nonché il loro ciclo di vita".

Il direttore spiega che occorrerebbe promuovere "la consapevolezza del cambiamento globale che la specie umana sta infliggendo al pianeta". L'umanità riveste per così dire un "doppio ruolo": produce e subisce il cambiamento globale, e l'impatto è massimo sulle fasce meno abbienti della popolazione. "Paradossalmente, la crescita dei cosiddetti new consumer, vale a dire Cina, India e i 18 altri paesi che entrano nella fascia del nuovo consumo, ha un chiaro effetto sul pianeta che oggi è del tutto evidente".

Difficile oggi, secondo Bologna, prevedere cosa succederà tra 5 o 10 anni: "In Italia non è stato fatto moltissimo in questo settore, la ricerca è piuttosto recente: l'insieme di persone che si stanno occupando di questo settore, tuttavia, ci segnalano che è in corso una accelerazione del fenomeno". Anche nei rapporti internazionali, specifica, le stime attuali superano le più fosche previsioni: "È il messaggio che stiamo cercando di trasmettere al mondo politico: questa accelerazione sorprende persino la stessa comunità scientifica".

Proprio dalla politica, dice Bologna, dovrebbe arrivare l'input che potrebbe cambiare il trend: "Non credo si stia investendo davvero sulle fonti di energia rinnovabile: ci sono delle situazioni di nicchia, ma non c'è un indirizzo politico. In questo senso, il dibattito sul nucleare non fa che spostare ancora avanti nel tempo le decisioni necessarie e dirotta gli investimenti su tecnologie che non risolvono il problema: il nucleare richiederebbe la costruzione di almeno 2000 centrali solo nei prossimi 15 anni per fare fronte alle richieste energetiche mondiali, 8000 centrali per arrivare al 2050". Senza contare il conseguente problema delle scorie.

"Stiamo ipotecando il futuro - sottolinea Bologna - Continuiamo a fare scelte vecchie, non investiamo nel nuovo: non facciamo scatenare l'industria del nuovo". Secondo il direttore, ad esempio, le scelte di Bush "hanno fatto perdere 8 anni al pianeta", mentre occorrerebbe "Un Obama di turno o chiunque altro che cambi questa politica, che sblocchi un meccanismo a cascata che causi effetti positivi in meno tempo: meno si investe, più rimaniamo in un loop vecchio e in una dimensione da cui sarà più difficile uscire dopo".

"Questo giochino tra fossile e nucleare non ci aiuta" prosegue Bologna. E dire che, secondo lui, davanti all'umanità si prospetterebbe una vera rivoluzione energetica: "Ma se questa rivoluzione non viene capita e praticata, se non si capisce quali saranno le nuove forme di energia e di distribuzione dell'energia", allora la rivoluzione non comincerà. "Mi lasci citare Einstein - conclude il direttore - che era solito dire che i problemi non si risolvono con la mentalità che li ha creati".

a cura di Luca Annunziata (fonte: punto-informatico.it)

Foto su gentile concessione: Archivio WWF / Muzzi, Cianchi, Cambone-Isotti