IL COMPORTAMENTO ECOLOGICO: LA RESPONSABILITA' ETICA DELL'UOMO RISPETTO DELLA NATURA E DELLA PROPRIA VITA NEL MONDO

contributo di monsignor Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

Talvolta si sente dire che il Magistero sociale della Chiesa cattolica sarebbe piuttosto povero circa le tematiche legate all'ambiente naturale e alla sua salvaguardia. Che ci sia la necessità di un approfondimento della riflessione dottrinale del Magistero sulla vasta problematica dell'ecologia è certamente vero, ma non perché tale Magistero sia stato finora povero di approfondimenti, quanto perché la dottrina sociale della Chiesa nasce "dall'incontro del messaggio evangelico e delle sue esigenze, che si riassumono nel comandamento dell'amore di Dio e del prossimo e nella giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della società. [...] Lungi dal costituire un sistema chiuso, esso resta costantemente aperto alle nuove questioni che si presentano di continuo ed esige il contributo di tutti i carismi, esperienze e competenze" . Da un lato questo insegnamento sociale è "costante", soprattutto per il suo vitale rapporto con il Vangelo, "dall'altro è sempre nuovo, perché è soggetto ai necessari ed opportuni adattamenti suggeriti dal variare delle condizioni storiche". Non c'è dubbio, infatti, che tra le variate condizioni storiche e tra le nuove questioni (le res novae) ci sia anche l'insieme delle problematiche che vanno sotto il titolo di questione ambientale, che è un aspetto non secondario o, se si preferisce, un modo moderno di presentarsi della questione sociale.

In occasione del World Summit sullo sviluppo sostenibile tenutosi a Johannesburg nel 2002, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha pubblicato un interessante sussidio dal titolo: "From Stockholm to Johannesburg. An Historical Overview of the Concern of the Holy See for the Environment". Scorrendone le pagine è facile rendersi conto di quanto il Magistero abbia prodotto, dal Vaticano II a Paolo VI a Giovanni Paolo II e di come l'attuale Pontefice Benedetto XVI e la Santa Sede siano fortemente presenti nello sviluppo del dibattito mondiale sui grandi temi dell'ambiente e dello sviluppo. Vorrei aggiungere inoltre che anche il Magistero delle Conferenze Episcopali, proseguendo l'insegnamento pontificio e declinandone l'ispirazione di fondo in sede locale e continentale, è stato molto sensibile ai problemi ambientali. Questo Magistero ha trovato poi espressione anche nelle Esortazioni apostoliche Ecclesia in America, Ecclesia in Asia, Ecclesia in Oceania, Ecclesia in Africa che contengono importanti riflessioni sull'ambiente. Un Magistero senz'altro da approfondire quello sull'ecologia, ma finora piuttosto consistente. E' il caso allora, considerato che il Magistero anche recente della Chiesa non ha trascurato questo problema, di mettere a fuoco nel loro insieme alcuni degli orientamenti di fondo di questo insegnamento sull'ambiente.

La natura in rapporto a Dio e all'uomo

La prima osservazione da farsi è che quando la Chiesa si occupa della natura non la intende solo naturalisticamente. Non sembri un gioco di parole. Essa vede sempre la natura in rapporto a Dio e all'uomo, non la vede solo come un insieme di cose, ma anche di significati.

La parola Physis, significava per gli antichi filosofi greci, non solo le cose, ma anche il legame di senso che le teneva unite. La Physis era un Cosmo: le cose e, insieme, la loro misura, il loro ordine. Non era quello un ordine antropocentrico, perché per il greco anche l'uomo è cosa tra le cose e nella natura esistono addirittura cose più nobili di lui, come per esempio gli astri del cielo. Ci vorrà il messaggio ebraico-cristiano perché l'uomo emerga sulle altre cose come realtà eminente. L'uomo è creato "ad immagine e somiglianza di Dio" e in Gesù di Nazareth Dio stesso si è fatto uomo: et Verbum caro factum est. Da qual momento il fondamento dell'ordine della natura oltrepassava l'ambito cosmico per fondarsi su un principio assoluto e trascendente e, per lo stesso motivo, l'uomo veniva innalzato sopra il creato. La natura trovava un suo senso in un dialogo tra l'uomo e Dio e le cose stesse trovavano collocazione in un rapporto di amore e di intelligenza.

La scienza moderna avrebbe potuto svilupparsi dentro un simile paradigma, perché nulla di quanto essa afferma lo contraddice. Ma sappiamo che, non per la scienza in sé, quanto per alcune "visioni" della scienza, talvolta la "ragione strumentale" ha avuto ed ha il sopravvento e la natura è stata concepita, per fare l'esempio di Kant, come materia cui l'intelletto umano detta autoritativamente le proprie forme. La visione strumentale della natura, separata dal rapporto con l'uomo dentro un orizzonte di senso radicato in Dio creatore, ha avuto mille espressioni. Per molto tempo la scienza ha "disincantato", per dirla con Marx Weber, la natura, spogliandola del suo riferimento al Dio. Oggi la scienza, ove non venga ideologicamente deviata, mostra sempre di più l'intelligenza che sta dentro la natura e che non può essere semplicemente natura.

Sulla natura l'insegnamento della Chiesa getta la luce della rivelazione, la luce della creazione e la luce escatologica della redenzione. La natura è per l'uomo e l'uomo è per Dio. Il Magistero della Chiesa, quindi, non avalla né l'assolutizzazione della natura, né la sua riduzione a mero strumento; ne fa invece teatro culturale e morale nel quale l'uomo gioca la propria responsabilità davanti agli altri uomini, comprese le generazioni future, e davanti a Dio. Questo significa che la natura, biologicamente e naturalisticamente intesa, non è un assoluto, ma una ricchezza posta nelle mani responsabili e prudenti dell'uomo: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere. Quanto si muove e ha vita vi servirà il cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe". Significa anche che l'uomo ha una indiscussa superiorità sul creato e, in virtù del suo essere persona dotata di un'anima immortale, non può essere equiparato agli altri esseri viventi, né tantomeno considerato elemento di disturbo dell'equilibrio ecologico naturalistico. Significa, infine, che la natura, così come non è tutto non è nemmeno niente e l'uomo non ha un diritto assoluto su di essa, ma un mandato di conservazione e sviluppo in una logica di universale destinazione dei beni della terra che é, come noto, uno dei principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa.

Alcune puntualizzazioni

In questa prospettiva, desidero ora proporre alcune puntualizzazioni riguardanti visioni, punti di vista, culture che, in un modo o in un altro, si caratterizzano per il loro proporsi in termini ideologici, senza alcuna consonanza tematica con la dottrina sociale. Schematicamente vorrei segnalarne tre:

a) L'ideologia del biologismo. La parola biologismo può assumere vari significati. Io la intendo qui come la riduzione di tutto l'umano al biologico. Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa usa l'espressione "biocentrismo"(n. 463). Sottostante a questa ideologia c'è l'idea di una sostanziale omogoneità della biosfera, senza la possibilità di distinguere una superiorità dell'uomo e, quindi, tentando di ricondurre tutte le funzioni ed attività umane alle loro basi biologiche e genetiche. Il biocentrismo non è una scienza, è appunto una ideologia, o se vogliamo un paradigma culturale, che si contrappone all'antropocentrismo. Casi particolari di biologismo sono le teorie animaliste secondo le quali non esiste sostanziale differenza tra l'uomo e gli animali inferiori.

b) L'ideologia del catastrofismo. La madre di tutti i catastrofismi dell'ambientalismo ideologico è stato il rapporto preparato dal MIT di Boston per il "Club di Roma" e reso noto nel 1972. Ne sono seguiti altri, soprattutto con riguardo all'esaurimento delle energie non riproducibili e alla sovrappopolazione. Il tema della sovrappopolazione ha visto riemergere ideologie neomalthusiane fondate sull'idea che la principale causa del degrado ambientale sia la cosiddetta sovrappopolazione. Il catastrofismo è una ideologia quando si nutre di un pessimismo antropologico tale da non puntare per nulla sull'uomo come risorsa. Il pessimismo e il sospetto per l'uomo diventano fiducia estrema nelle tecniche selettive, compreso l'aborto e la sterilizzazione di massa, gestite da agenzie internazionali e da industrie farmaceutiche interessate ai grandi profitti implicati. In occasione della Conferenza dell'Onu su Popolazione e sviluppo, tenutasi al Cairo nel 1994, e poi ancora a quella sulla Donna, svoltasi a Pechino nell'anno successivo, l'azione diplomatica esercitata dalla Delegazione della Santa Sede, hanno trovato una singolare sintonia con i paesi poveri del pianeta, interessati a denunciare l'ideologia neomalthusiana che proponeva di pianificare centralisticamente le nascite, facendo violenza alle donne.

c) L'ideologia del naturalismo egotistico, ossia nel "ritorno alla natura", nelle varie forme di esoterismo naturalistico, di narcisismo fisico, alla ricerca di un benessere psicologico ed emotivo scambiato per benessere spirituale. La natura viene vista come una immensa beauty-farm. Si tratta di forme di naturalismo che sconfinano nella New Age, alimentano il supermarket della religiosità, intendono panteisticamente la biosfera come un tutt'uno indistinto e perdono definitivamente di vista la natura intesa come dialogo tra l'uomo e Dio e come compito da contribuire responsabilmente a realizzare.

Ecologia ambientale ed ecologia umana

Quale risposta alle visioni ideologiche sopra richiamate, il Magistero sociale sottolinea la complementarietà tra ambiente naturale e mondo dell'uomo, tra aspetti materiali ed immateriali dello sviluppo, tra ecologia da un lato e cultura ed etica umane dall'altro. A questo riguardo, il Servo di Dio Giovanni Paolo II adoperò l'espressione "ecologia umana". Dio - Egli scriveva - non solo ha dato all'uomo la terra, ma gli ha anche dato l'uomo stesso. Egli deve quindi rispettare non solo la natura mediante una "ecologia naturale", ma anche la degna vita morale dell'uomo mediante una "ecologia umana". L'una e l'altra sono strettamente legate: se non si rispetta la natura ne deriveranno dei danni anche per la società, contemporaneamente, se non si rispetta l'ecologia dei rapporti umani e sociali ne risulterà deturpato anche l'ambiente.

In questa ottica, il problema ambientale è un problema antropologico. Scriveva Giovanni Paolo II nella Centesimus annus: "All'origine dell'insensata distruzione dell'ambiente naturale c'è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo. L'uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione della cose da parte di Dio. Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra [...] e invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell'opera della creazione, l'uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui".

Nella prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, quella ecologica non è solo un'emergenza naturale, è anche un'emergenza antropologica. Il modo di rapportarsi al mondo dipende dal modo di rapportarsi dell'uomo con se stesso. Ma a leggere il passo della Centesimus annus riportato qui sopra, bisogna anche aggiungere che il modo con cui l'uomo guarda dentro se stesso dipende da come si rivolge a Dio. L'errore antropologico è, a sua volta, un errore teologico. Quando l'uomo vuole porsi al posto di Dio, come dice l'enciclica, perde di vista anche se stesso e la sua responsabilità di governo della natura.

Per concludere...un Decalogo

Utilizzando l'orizzonte concettuale di fondo proposto dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa sulla questione ambientale, si può tentare di evidenziare alcune tra le più significative affermazioni. Per efficacia espositiva si utilizzerà il codice linguistico del decalogo, anche se quello che segue non intende essere e proporsi come il decalogo.

1. La Sacra Scrittura indica i criteri morali fondamentali per affrontare la questione ambientale: la persona umana, fatta ad immagine e somiglianza di Dio Creatore, è posta al di sopra di tutte le altre creature terrene, che deve usare e curare in modo responsabile per corrispondere al grande progetto divino sulla creazione. L'Incarnazione di Gesù, Verbo divino, e la Sua predicazione testimoniano il valore della natura: niente di quanto esiste in questo mondo risulta estraneo al disegno creatore e redentore divino (nn. 451-455).

2. Nell'approccio alla questione ambientale il Magistero sociale della Chiesa sollecita a tener conto di due esigenze fondamentali: a) non si deve ridurre utilitaristicamente la natura a mero oggetto di manipolazione e sfruttamento; b) non si deve assolutizzare la natura, ne sovrapporla in dignità alla stessa persona umana (nn. 461-464).

3. La questione ambientale odierna coinvolge l'intero pianeta e la tutela dell'ambiente costituisce una sfida per l'umanità intera: si tratta del dovere, comune e universale, di rispettare un bene collettivo. La responsabilità verso l'ambiente, patrimonio comune del genere umano, si estende non solo alle esigenze del presente, ma anche a quelle del futuro. Si tratta di una responsabilità che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future (nn. 466-467).

4. Nell'approccio alla questione ambientale si deve far valere il primato dell'etica sulla tecnica e, dunque, della necessità di salvaguardare sempre la dignità dell'essere umano. Punto di riferimento centrale per ogni applicazione scientifica e tecnica è il rispetto dell'uomo, che deve accompagnarsi ad un doveroso atteggiamento di rispetto nei confronti delle altre creature viventi (nn. 456-460).

5. In una corretta impostazione della questione ambientale, la natura non va considerata una realtà sacra o divina, sottratta all'azione umana. Essa è piuttosto un dono offerto dal Creatore alla comunità umana, affidato all'intelligenza e alla responsabilità morale dell'uomo. Per questo egli non compie un atto illecito quando, rispettando l'ordine, la bellezza e l'utilità dei singoli esseri viventi e della loro funzione nell'ecosistema, interviene modificando alcune loro caratteristiche e proprietà. Sono deprecabili gli interventi dell'uomo quando danneggiano gli esseri viventi o l'ambiente naturale, mentre sono lodevoli quando si traducono in un loro miglioramento (nn. 472-480).

6. La questione ambientale evidenzia la necessità di armonizzare le politiche dello sviluppo con le politiche ambientali, a livello nazionale e internazionale. La programmazione dello sviluppo economico deve considerare attentamente la necessità di rispettare l'integrità e i ritmi della natura, poiché le risorse naturali sono limitate e alcune non sono rinnovabili. Ogni attività economica che si avvalga delle risorse naturali deve anche preoccuparsi della salvaguardia dell'ambiente e prevederne i costi, che sono da considerare come una voce essenziale dei costi dell'attività economica (nn. 469-470).

7. La questione ambientale richiede che si operi attivamente per lo sviluppo integrale e solidale delle regioni più povere del pianeta. A questo riguardo, la dottrina sociale invita a tener presente che i beni della terra sono stati creati da Dio per essere sapientemente usati da tutti: tali beni vanno equamente condivisi, secondo giustizia e carità. Nell'attuazione di uno sviluppo integrale e solidale, il principio della destinazione universale dei beni offre un fondamentale orientamento, morale e culturale, per sciogliere il complesso e drammatico nodo che lega insieme questione ambientale e povertà (nn. 481-485).

8. La questione ambientale richiede per la protezione dell'ambiente la collaborazione internazionale, attraverso la ratifica di accordi mondiali sanciti dal diritto internazionale. La responsabilità verso l'ambiente deve trovare una traduzione adeguata a livello giuridico. Il contenuto giuridico del diritto ad un ambiente sano e sicuro dovrà essere elaborato secondo le esigenze del bene comune e in una comune volontà di introdurre anche sanzioni per coloro che inquinano (n. 468).

9. La questione ambientale sollecita un effettivo cambiamento di mentalità che induca ad adottare nuovi stili di vita. Tali stili di vita devono essere ispirati alla sobrietà, alla temperanza, all'autodisciplina, sul piano personale e sociale. Bisogna uscire dalla logica del mero consumo e promuovere forme di produzione agricola e industriale che rispettino l'ordine della creazione e soddisfino i bisogni primari di tutti. Un simile atteggiamento favorisce una rinnovata consapevolezza dell'interdipendenza che lega tra loro tutti gli abitanti della terra (n. 486).

10. La questione ambientale richiede anche una risposta a livello di spiritualità, ispirata dalla convinzione che il creato è un dono, che Dio ha messo nelle mani responsabili dell'uomo, affinché ne usi con amorevole cura. L'atteggiamento che deve caratterizzare l'uomo di fronte al creato è essenzialmente quello della gratitudine e della riconoscenza: il mondo, infatti, rinvia al mistero di Dio che lo ha creato e lo sostiene. Se si mette tra parentesi la relazione con Dio, si svuota la natura del suo significato profondo, depauperandola. Se invece si arriva a riscoprire la natura nella sua dimensione di creatura, si può stabilire con essa un rapporto comunicativo, cogliere il suo significato evocativo e simbolico, penetrare così nell'orizzonte del mistero, che apre all'uomo il varco verso Dio, Creatore dei cieli e della terra. Il mondo si offre allo sguardo dell'uomo come traccia di Dio, luogo nel quale si svela la Sua potenza creatrice, provvidente e redentrice (n. 487).

S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi

Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

(fonte: zenit.org)

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